Berlusconi in standby
non riesce proprio a stare: freme, scalpita, inizia a mostrare tutto il suo
nervosismo. L’ultima volta che ha giocato la carta della “boriosa calma” ha vinto una condanna in Cassazione,
e inizia a considerare l’ipotesi che la cosa porti sfiga. Villa San Martino è
diventato il Quartier Generale degli anatemi. Dalla “Tana dell’Allupato” oggi è
stato mandato in avanscoperta il ministro Quagliariello: il “saggio napolitaneo”
ha dichiarato che se le istituzioni non trovano una scappatoia per il “Franco Frodatore” la vita del governo sarà breve, è impensabile che i ministri
del Pdl restino nell’esecutivo se il loro leader sarà tagliato fuori dai
giochi. Quaglieriello, come tutti gli altri, non prende assolutamente in
considerazione l’eventualità che Berlusconi sia già fuori e che qualsiasi
soluzione dimostrerebbe la resa di tutte le istituzioni – nessuna esclusa –
davanti agli interessi di un solo individuo. Qualche giorno fa si è “auto-riesumato”
persino D’Alema che ha consigliato al condannato di gestire il suo partito dall’esterno
come Grillo. Sarebbe un ottimo consiglio se per Berlusconi restare in
parlamento non fosse vitale! Infatti nel momento in cui dovesse decadere da
senatore e iniziasse a giocare a dama e a tre sette col morto con degli anziani
in qualche comunità Silvio rimarrebbe senza immunità dagli altri procedimenti a suo
carico, in primis il processo Ruby. Altresì è utile sottolineare che Berlusconi
non ha costruito il suo potere sull’ essere amato e rispettato – quella è un’invenzione
mediatica, ed è anche superfluo sottolinearlo -, bensì su una fitta trama di
interessi trasversali, interessi di cui è il perno e dietro ai quali può
tutelarsi; nel caso in cui fosse costretto a chiamarsi fuori si modificherebbero
gli equilibri che lo proteggono e
verrebbe automaticamente lasciato a sé stesso. Tranne Bondi e Fede nessuno
scenderebbe nell’ Ade con il grande capo ormai zavorra, anzi, si affretterebbero a sigillare
tutte le possibili vie di uscita. E D’Alema è troppo furbo e reazionario per non
saperlo, quindi con quella faceta dichiarazione ha giocato anche lui di sponda
con i media. Da quando iniziò ad ospitare a cena nel feudo di Gallipoli Buttiglione Massimino capì come girava il mondo e finalmente riconobbe la sua intima – e per
troppo tempo repressa - vocazione democristiana. L’illuminato sulla via di
Gallipoli, dunque, mostra tutta la sua malizia e, perché no, anche la sua
cattiveria nei confronti di un uomo che non vuole accettare la realtà, cosa
comprensibile… Berlusconi non ha mai voluto accettare ciò che non gli conviene.
Intanto però tutti cercano di tenerlo buono e per farlo hanno adottato il “metodo
Letta”… temporeggiano. Sia la maggioranza che il Quirinale prendono tempo,
forse aspettano che i farmaci facciano effetto, ma nessuno prende il toro per
le corna e dice le cose come stanno, nessuno ne ha il coraggio; è come se non
volessero inquietarlo e lo riempiono di “vedremo”, “vedrai piano, piano le cose
si risolvono”, aspetta che le acque si calmino e ti cambiamo nome”, “ci sono
cose peggiori” e… “solo alla morte non c’è rimedio”.
Ma guardiamo le cose
prendendone una “ sana distanza”. Come ricorda Rodotà per ottenere la grazia è
necessaria una motivazione etica, un riconoscimento che è difficile attribuire
ad un frodatore incallito, processato anche per sfruttamento della
prostituzione minorile. Il costituzionalista ci ricorda anche che la frase “
agibilità politica” è una pura e “cacofonica” – aggiungo io – invenzione senza
fondamento. Quindi è da escludere che Berlusconi possegga i requisiti per esser
graziato. Ma andiamo oltre, ammettiamo per assurdo che il Bel Paese diventi il “Mal
Paese” – ed è già sulla strada – e venga concessa la grazia a Berlusconi: l’evento
annullerebbe la pena non il reato, cioè dal punto di vista penale Berlusconi
sarebbe “pulito”, ma dal punto di vista storico e sociale resterebbe un
frodatore, un pessimo politico che ha costruito la sua fortuna frodando,
pagando, intrallazzando e… nei quarti d’ora liberi andando a mignotte perlopiù minorenni. Con la
grazia non verrebbero cancellate le gesta di Berlusconi, anzi… si otterrebbe l’effetto
opposto: salverebbero inspiegabilmente un pregiudicato che ha compromesso a tal
punto la vita politica e democratica di un Paese da riuscire a ricattarlo fino
alla fine. Non sarebbe una bella pagina di storia da far leggere ai posteri.
Consideriamo un altro
punto poco evidenziato: spesso sentiamo parlare di attacco del potere della
magistratura nei confronti di quello politico. E se guardassimo la cosa da un'altra angolazione? In Italia per vent’anni un solo uomo è riuscito a
detenere tutti i poteri: economico, politico e mediatico, ha fatto il bello e il
cattivo tempo bypassando oltretutto una legge elettorale degli anni 50’ –
scoperta “puta caso” solo recentemente - che lo avrebbe reso ineleggibile
perché in evidente conflitto di interessi. Ebbene, nonostante questo “strapotere”,
nonostante avesse l’appoggio diretto dei suoi e quello surrettizio degli
avversari, questo personaggio “antidemocratico geneticamente" è stato fermato, e
non illegalmente, o con un atto di forza, bensì perché gli sono stati
riconosciuti in sede giudiziaria dei reati, perché non ha rispettato le leggi
di questo Paese contravvenendole. Se le cose le guardassimo così sembra
che la divisione dei poteri – nonostante tutto - non funzioni poi tanto male.
Non si può certo dire che sia tutto perfetto o che la magistratura sia composta
da un empireo di beati, ma neanche
possiamo dire che è stato condannato un innocente, né possiamo dichiarare che
si tratti di una persecuzione; se Berlusconi fosse stato realmente oggetto di persecuzione come avrebbe potuto comandare in Italia per vent’anni? Come avrebbe potuto fare
quello che ha fatto? Come sarebbe potuto diventare per quattro volte presidente
del consiglio, possedere l’unica azienda che cresceva in profitti persino
durante la crisi, gestire i mezzi di comunicazione e dettare legge anche dopo
una condanna definitiva?
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