Il Pd “ufficialmente”
manifesta la tipica insofferenza dell’ “eterno secondo”, si snocciolano
dichiarazioni puerili a mo di slogan sulla voglia di vincere e non di “non perdere”; e sotto questa bandiera
un vile – perché latente - “liberismo arrivista” si sta affermando.
Non esiste più alcun
tipo di legame tra la dirigenza e gli elettori, le piccole sedi di partito, le
parti sociali. Questo enorme carrozzone senza identità è totalmente ripiegato
su sé stesso da dimenticare totalmente
origini, vocazione e progettualità. Per vent’anni ha fagocitato per far
massa, numero, ha accorpato indistintamente di tutto e di più – perdendo sempre
per giunta – ed ora, come se niente fosse, sordo e ottuso continua ad annaspare
in questa assoluta “inconsistenza”.
Volendo restare in
tema, cosa c’è di più inconsistente della spasmodica e banale ricerca di un
leader che abbia una funzione puramente propagandistica, un’ otre vuota, senza contenuti ma spendibile? Di una
immagine che faccia il lavoro al posto delle idee e dei contenuti?
Ecco a cosa si è vocato
il Partito Democratico da ormai troppo tempo.
Invece di rappresentare una vera
alternativa, radicandosi su solide basi politiche, sociali e culturali, ha
preferito “non faticare” accorpando esseri e movimenti di ogni tipo e bluffare
con la vuota propaganda.
Ed è a questo punto che
si raggiunge l’acme, il climax. Il Partito Democratico dopo tanto “non lavoro”
ha trovato nello “slogan” Matteo Renzi la soluzione.
L’assenteista sindaco
di Firenze, assetato di tutto, sale in vetta ai sondaggi, piace, incontra,
battaglia simpaticamente mettendo in fila ovvie banalità a maniche rimboccate,
banalità che sono – però - politicamente innocue, non collocabili, incolori e puramente propagandistiche: queste
parole inutili possono stare al centro, a destra e a sinistra. Sono
intercambiabili perché inconsistenti, e per questo preziosissime. Col populismo
in Italia hanno sempre vinto tutti! Da Mussolini a Berlusconi, passando per
Craxi sino ad arrivare agli odierni
Renzi e Grillo, non ci sono stati populisti che non hanno ottenuto
risultati. Il populismo è l’asso nella manica della mediocrità, la carta da
giocare sporca e trasversale per agitare tutto e non far niente. Ma Renzi ha
una marcia in più rispetto agli altri: ha dietro tutta una tradizione politica
che di certo non conosce e non gli appartiene ma dalla quale mutua immagine e consenso. Non ha un curriculum
infangato come Berlusconi - è una moneta falsa ma stampata di fresco e fatta
meglio - non ha una comunicazione violenta e offensiva come quella
riconducibile a Grillo, ha scalato il partito democratico dal centro, dall’ala
moderata, quindi il suo retaggio politico – ammettenddo per solo beneficio di
inventario che ne abbia uno - non è assolutamente da reperire nel comunismo
italiano, bensì dalla sinistra democristiana.
E’ il moderato perfetto! Il democristiano redivivo tenuto al caldo nel
suo bozzolo pseudo-progressista per tutto l’incubazione. Non si sa se farà
bene, ma sembra innocuo – anche se logorroico – quindi lavora di fino ai
fianchi dell’opinione pubblica sull’idea che “troppo male non dovrebbe fare”, che dopo questo ventennio infausto
“ è il meno peggio”. Renzi si
afferma e acquista consenso solo grazie al disincanto generale, all’idea che il
“fondo è stato toccato”, e non certo per la sostanza delle sue idee. Si è
autopromosso alla perfezione – senza ottenere veri risultati – grazie alla
municipalità fiorentina; Firenze è sulla sua bocca solo e sempre per rimarcare
il fatto che ne è sindaco, un importante trampolino di lancio e basta. Firenze
è una medaglia splendida da appuntare al petto: è una delle città più belle al
mondo, gli ha permesso di affermarsi senza entrare “veramente” nella politica
nazionale; insomma uno scudo perfetto per riuscire a stare con un piede dentro
e uno fuori dai giochi di palazzo – anche se negli ultimi tempi è stato
talmente assente che deve chiedere indicazioni in giro per arrivare al comune.
Ma, nonostante tutto,
Renzi è indicato come l’unica alternativa per vincere delle possibili elezioni.
Il suo arrivismo, fatto di propaganda e frasi fatte, di refusi “americanisteggianti”
liberal a tarallucci e vino, è riuscito a guadagnarsi un posto di rilievo nel
partito democratico. Grazie alla popolarità nei sondaggi si sta affermando come
l’unico in grado di vincere contro la destra e salire a palazzo Chigi. Renzi è l’ennesimo
paradosso populista, paradosso che ci ha sempre accompagnato nella nostra
storia. E’ il personalismo che vince rispetto ai contenuti. L’ennesimo esempio
che ci dimostra che l’immagine e la propaganda avranno sempre la meglio
rispetto ai dei progetti, rispetto al faticoso lavoro delle idee. In questo
paradosso vince l’elementare, quanto fallace e puerile convinzione che un solo
uomo possa cambiare le cose, che possa essere la risposta a tutto – non a caso
è l’idea che ci ha precipitati nel berlusconismo e che il sindaco di Firenze ha
adottato in pieno. E per gli stessi identici motivi Matteo Renzi rappresenta
anche la “cartina tornasole” di tutto il Partito Democratico. Un partito di
pura aria, dalle dimensioni ipertrofiche ma vuoto, completamente alla deriva e
senza una vera identità. Talmente colonizzato dal nulla da esser costretto a
ricorrere al peggior populismo per vincere.
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