Allo stesso modo anche immagini
simbolo dei drammi di cui siamo “comodi spettatori” compiono un inevitabile percorso
di disinnesco. Inizialmente ci scuotono, sommuovono le nostre coscienze, ci
indignano; poi, nella loro analgesica e infinita ripetizione, arrivano a
diventare familiari, osservabili e sopportabili, fino ad esaurirsi in una
remota indifferenza, nell’attesa che un nuovo piccolo innocente, la cui
sacrosanta privacy è violata in nome di un effetto tragico destinato ad
annoiarci, si palesi in tutta la sua sofferenza per indignarci a tempo. Continua a leggere su UltimaVoce
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